giovedì 23 giugno 2016

Pescosansonesco.San Nunzio Sulprizio

Edicola Sacra
Comune di Pescosansonesco (Pescara)
Piazza Nunzio Sulprizio
Nota: Il santuario dedicato a San Nunzio Sulprizio



 BISOGNA
PREGARE
SEMPRE
SENZA 
STANCARSI
MAI.
Lc. 18-1


 VOCE CHE GRIDA NEL DESERTO Mt. 3,3

CARLO MELONI MOSAICI

 GUIDO VEROI 2000


San Nunzio Sulprizio. 
Nasce a Pescosansonesco il 13 aprile 1817 dai Domenico Sulprizio, calzolaio, e Rosa Luciani, filatrice; é battezzato nel pomeriggio dello stesso giorno nella Chiesa Parrocchiale, all'epoca posta nel Vecchio Borgo. Il Fonte battesimale presente in questo Santuario P lo stesso utilizzato a quel tempo.
Nell'agosto del 1820, a soli 26 anni, muore il padre e il 5 marzo 1823 muore anche la mamma; Nunzio ha solo sei anni e la nonna materna Rosaria Luciani lo ospita in casa, prendendosi cura di lui.
L'anziana donna é analfabeta, ma ha una fede e una bontà grandissime: nonna e nipotino camminano sempre insieme: insieme nella preghiera, alla Messa, nei piccoli lavori di casa.
Il bambino frequenta la scuola istituita da don Pier Nicola Fantacci, per i fanciulli più poveri e lì cresce, in sapienza e virtù: é un puro di cuore che si delizia a servire la Messa, a far visita a Gesù Eucaristico nel Tabernacolo, molto spesso.


Quando ha appena nove anni, il 4 aprile 1926, muore anche nonna Rosaria, Solo al mondo é accolto in casa - come garzone - dallo zio Domenico Luciani - detto "Mingo" - il quale subito lo toglie dalla scuola e lo "chiude" nella sua bottega di fabbro-ferrario, impegnandolo nei lavori più duri, senza alcun riguardo all'età e alle più elementari necessità di vita. Spesso lo zio lo tratta male, senza curarsi né delle distanze, né dei materiali da trasportare, né degli incontri buoni o cattivi che ouò fare. Allo "sbaraglio", sotto sole, neve, pioggia, vestito sempre allo stesso modo. Non gli sono risparmiate neppure le percosse, unitamente a parolacce e bestemmie.
Presto si ammala. Un rigido mattino d'inverno, lo zio Mingo lo manda, con un carico di ferramenta sulle spalle, su per le pendici di Rocca Tagliata, in uno sperduto casolare. Vento, freddo e ghiaccio lo stre,ano; lungo il cammino scivola e mette i piedi accaldati in un laghetto gelido. A sera rientra spossato, con una gamba gonfia, la febbre che lo brucia, la testa che duole. Va a letto, senza dir nulla, ma l'indomani non regge più.
Lo zio gli dà come "medicina", quella di riprendere il lavoro, perché "se non lavori, non mangi". Nunzio, in certi giorni, si trova costretto a chiedere un pezzo di pane ai vicini di case. Alle offese risponde con il sorriso, la preghiera, il perdono: "Sia come Dio vuole. Sia fatta la volontà di Dio". Appena può si rifugia a pregare in chiesa, davanti al Tabernacolo: gioia, energia e luce gli vengono da Gesù-Ostia. così che, appena adolescente, é in grado di dar consigli sapientissimi ai contadini che lo interpellano.
Si trova con una terribile piaga al piede sinistro, che in seguito andrà in cancrena, anche a causa della bruciatura di un carbone ardente caduto dalla forgia. Infatti lo zio lo impiega a soffiare sui carboni dicendogli: "se non puoi più alzare il maglio e riconsegnare i lavori, starai fermo a rifare il mantice!": é una tortura indicibile. La piaga ha bisogno di continua pulizia e Nunzio si trascina fino alla grande fondata del paese per lavarsi, ma di lì viene cacciato dalle donne che temono il contagio dell'acqua, che a loro volta utilizzano per lavare i panni.
Allora ricerca e trova una sorgente d'acqua proprio in questo luogo, alla base della roccia, chiamata "Riparossa" per il caratteristico colore. Finalmente può provvedere a se stesso senza essere disturbato e ne approfitta per impreziosire il tempo che trascorre a curare la ferita, pregando anche e soprattutto la Madonna.
Tra l'aprile e il giugno del 1831, é ricoverato all'ospedale dell'Aquila, ma le cuore impotenti. per Nunzio sono settimane però di riposo per sé, di carità per gli altri ricoverati e di preghiera intensa.
Rientrato in casa, é costretto a chiedere l'elemosina perché lo zio Mingo spesso non gli da nemmeno da mangiare.

Finalmente, un altro zio paterno, Francesco Sulprizio, militare a Napoli, informato da un uomo di Pescosansonesco, chiama Nunzio a casa sua e, dopo averlo portato a Castello Maschio Angioino, lo presenta al Colonnello Felice Wochinger, conosciuto come "il padre dei poveri", per la sua intensa vita di fede e per l'inesauribile carità. Nunzio ha 15 anni e Wochinger scopre di avere davanti un vero "angelo" dei dolore e dell'amore a Cristo, un piccolo martire.
Il 20 giugno 1832, Nunzio entra all'Ospedale degli Incurabili di Napoli per le cure e il Colonnello provvede a tutte le sue necessità.
Medici e malati si accorgono di avere davanti un altro "S.Luigi".
Ad un prete che gli domanda: "Soffri molto?", lui risponde: "Si, faccio la volontà di Dio". "Che cosa desideri?". "Desidero confessarmi e ricevere Gesù Eucaristico per la prima volta!", "Non hai ancora fatto la prima Comunione?". "No, dalle nostre parti, bisogna attendere i 15 anni". "E i tuoi genitori?". Sono morti". "E chi pensa a te?". "La Provvidenza di dio".
Viene preparato alla prima Comunione: per Nunzio é davvero il giorno più bello della sua vita. Il suo confessore dirù che "...da quel giorno la Grazia di Dio incominciò a operare in lui fuori dell'ordinario, da vederlo correre di virtù in virtù. Tutta la sua persona spirava amore di Dio e di Gesù cristo...".
Per circa due anni, soggiorna tra l'ospedale di Napoli e le cure termali a Ischia, ottenendo qualche passeggero miglioramenti. Lascia le stampelle e cammina solo con il bastone. Finalmente é più sereno: prega molto, stando a letto, o andando in cappella davanti al Tabernacolo, al Crocifisso e all'Addolorata. Si fa l'angelo e l'apostolo di tutti gli altri ammalati; insegna il catechismo ai bambini ricoverati, preparandoli alla prima Confessione-Comunione, a vivere più intensamente dai cristiani,a valorizzare il dolore. Quelli che lo avvicinano sentono in Nunzio il fascino della santità.
Il colonnello gli sta molto vicino: dal primo giorno, lo ha chiamato "Figlio mio" e "bambino mio", ricambiato sempre da lui, con il nome di "papà mio". Ad un certo punto comprende che purtroppo si avvicina l'ora della separazione che solo la fede consola nella certezza dell'"Arrivederci in Paradiso".


Nel 1836, la malattia di Nunzio peggiora. La febbre é altissima, il cuore non regge più le sofferenze sono acutissime. Soffre ma Prega, per la Chiesa, per i sacerdoti, per la conversione dei peccatori. Quelli che passano a trovarlo, raccolgono le sue parole: "...Gesù ha patito tanto per noi e per i suoi meriti ci aspetta la vita eterna. Se soffriamo per poco, godremo in Paradiso...". "Gesù ha sofferto molto per me. Perché io non posso soffrire per Lui?...". "Vorrei morire per convertire anche un solo peccatore...".
Il 4 maggio 1836, Nunzio si fa portare il Crocifisso e chiama il confessore. Ricever i sacramenti, come un Santo. Consola il suo benefattore, il Colonnello Felice Wochinger:"...State allegro, dal Cielo vi assisterà sempre...". Verso sera, nonostante il giovane Nunzio fosse allo stremo delle forze, con il viso pieno di gioia, si mette a sedere sul letto, i presenti lo vedono addirittura librarsi in aria, ed esclama: "La Madonna, la Madonna, vedete quanto é bella!". Ad appena 19 anni, vola per sempre nel Regno dei Cieli. Tutt'intorno a Lui si spande immediatamente un profumo di rose, che tutti gli astanti sentono chiaramente.
Il suo corpo, distrutto dalla malattia, diventa singolarmente bello e fresco e rimane esposto per cinque giorni. Il suo sepolcro é meta di un'immensa folla di pellegrini, che accorre per venerare colui e per tutti é già un Santo.
Già Papa Pio IX, il 9 luglio 1859, lo dichiara "eroico nelle sue virtù" e quindi "venerabile".
Il 1° dicembre 1963, davanti a tutti i Vescovi del mondo riuniti nel Concilio Vaticano II, il Beato Paolo VI iscrive Nunzio Sulprizio tra i "Beati".
Canonizzato da Francesco  il 14 ottobre 2018
Oggi,  San  Nunzio Sulprizio é un modello per tutti i giovani, un riferimento per tutte le persone che soffrono ed il "mondo del lavoro si é affidato alla sua protezione.



PER SAPERE DI PIÙ
_______________________________________________________________________
La parola tabernacolo (in latino Tabernaculum - diminutivo di Taberna dal significato di Dimora), nella tradizione ebraica e cristiana significa il luogo della dimora di Dio presso gli uomini. Comunemente, nelle lingue moderne, con tabernacolo si intende una struttura a forma di scatola presente in tutte le chiese cattoliche e di altre confessioni cristiane nella quale sono conservate le ostie consacrate dopo la Celebrazione Eucaristica. Il termine tabernacolo è utilizzato anche come sinonimo per le edicole sacre o edicole votive (definite nel nord est d'Italia anche coi nomi di capitelli o santelle) che proteggono un'immagine sacra oggetto di culto, sia all'interno delle chiese, sia lungo le strade, sulle facciate delle case, o nelle campagne. (Da Wikipedia)

Nessun commento:

Posta un commento