sabato 29 aprile 2017

Isernia. Croce

Edicola Sacra
Comune di  Isernia
Piazza Andrea d'Isernia
Nota: La croce della cattedrale di San Pietro Apostolo


1^ porta sinistra della cattedrale (Porta Santa di Giubileo 2016)





CARITAS CHRISTI URGENT NOS

IN MEMORIAM MARIAE CIMORELLI

Porta centrale della cattedrale di S. Pietro Apostolo



ANTONIUS M. MATTEI DONO DEDIT
JERARDUS DE MEO SCULPSIT

ANDREAS GEMMA EPISCOPUS
DEO ET BEATAE VIRGINI DICAUIT
XIX - V- A.D. MCMXCIII
3^ Porta destra della cattedrale






APERITE PORTAS CHRISTO A.D. MM

IN MEMORIAM ANNAE BALZANO CIMORELLI

La chiesa cattedrale,
dedicata al principe degli apostoli fin dal V secolo dopo Cristo, sorge su un tempio pagano. Gli scavi hanno messo in luce l’antico perimetro di quel tempio pagano occupante un’area complessiva di mq.548,24. La chiesa attuale misura mq.735,14. Tuttavia, per la documentazione storica, troviamo che solo nell’881 si parla del tempio dell’apostolo Pietro in Isernia. Il tempio, nel corso dei secoli, soggiacque a diverse riedificazioni e rimaneggiamenti, a cominciare dal cambiamento di orientazione, alla disposizione attuale.

Al terremoto del 1349 seguì la lenta ricostruzione; nel XV secolo, con il vescovo Costantino Castriota Skanderberg, la cattedrale riprende la sua funzionalità. Nel XVI secolo si completa il poderoso campanile. Nel XVIII, il tempio è abbellito con preziosi marmi – oggi in gran parte irrimediabilmente perduti (pochi i pezzi recuperati e riutilizzati) – dal Vescovo Michelangelo La Peruta unitamente ad un pregevolissimo pavimento maiolicato. Opera felice, quella del La Peruta, ma insieme infelice: il piccone distrusse molte tombe di vescovi e personaggi illustri.

Dopo il terremoto del 1805, artefice della ricostruzione fu il vescovo Diodato Gomez Cardosa. Dopo di lui, toccò a mons. Gennaro Saladino (1852-61) di terminare le rifiniture e l’arredamento sacro. Saladino costruì anche, a sue spese, il bellissimo pronao neoclassico, oggi visibile da tutti. Nel 1903 il vescovo Nicola Maria Merola (1893-1916) fu artefice della suggestiva pavimentazione in marmo variegato, oggi distrutta.

Notevolmente danneggiato dalla seconda guerra mondiale, il tempio fu restaurato negli anni 1963-1968 dal vescovo Achille Palmerini (1962-1983).

Nel 1983 si ebbero gli ultimi ritocchi sotto il Vescovo Ettore Di Filippo (1983-1990) resi maggiormente necessari dopo il sisma del 1984. In questo lasso di tempo, la chiesa cattedrale fu oggetto degli scavi e degli studi della Sovrintendenza archeologica del Molise, assumendo l’aspetto attuale.

Il vescovo Andrea Gemma ha provveduto al rifacimento dell’altare e della cattedra episcopale, oltre che al rifacimento del pavimento e alla sistemazione dell’ambone e del fonte battesimale, utilizzando -ad eccezione del fonte- quei residui marmi del vescovo La Peruta. Vigile custode del tempio è la Vergine Santissima Via Lucis, che dal secolo XVI troneggia nel massimo tempio della città e della diocesi, a tutti additando quel “bimbo rivestito d’oro” del quale abbiamo celebrato il bimillesimo compleanno nell’anno santo del Duemila.
Fonte: Diocesi Isernia-Venafro






Palazzo vescovile di Isernia
Il palazzo vescovile sorge su resti di epoca romana dell'area sacra  riportati alla luce sotto l'atrio dello stesso palazzo.
L'esplorazione archeologica effettuata negli anni '80 ha consentito  ricostruire l'estensione e di precisare l'orientamento dell'edificio templare, su cui insiste la Cattedrale, con l'accesso verso la parte meridionale ed esterna della città. Il monumento, la cui tipologia é vicina ad edifici sacri dell'area  romano-laziale, si data al III secolo a.C. rappresentando il più  importante luogo di culto della colonia di Aesernia. La dimensione del  podio sono imponenti:  mt 30x22. Un tratto del basamento, con modanature a grandi gole contrapposte, già visibile su corso Marcelli, é impostato su un monumentale dado squadrato, che annullava il naturale declivio dei luoghi, con ampliamento in un settore della parete; un lato del podio é stato quasi interamente messo in luce nel cortile dell'episcopio. Due profondi avancorpi inquadravano la scalinata d'accesso. Il podio era preceduto da un colonnato con capitelli forse Corinzi. I saggi di scavo hanno evidenziato una struttura muraria di fondo e le pareti di due celle laterali, in cui muri perimentrali si conservano a livello di fondazioni. La presenza di tre celle consente di ipotizzare che fosse dedicato alla triade capitolina (Giove, Giunone, Minerva), il cui culto ufficiale della romanità.
L'esplorazione archeologica nel cortile dell'episcopio ha riportato alla luce il basamento di un secondo edificio monumentale a carattere sacro, orientamento al quanto convergente verso il tempio più antico. Il podio a parete verticale con una breve cornice di base ed una di coronamento modanate, ha un elevato complessivo di m. 2,10. Il nucleo in opera cementizia ha un rivestimento di blori verticali in pietra calcarea. La pavimentazione in lastroni squadrati si conserva per breve tratto. Non é possibile allo stato attuale ricavare ulteriori informazioni sulla planimetria dell'edificio, conservato solo in parte.
La cronologia, considerato il tipo di podio più evoluto, si più collocare nella seconda metà del I sec. a.C. In prossimità dei monumenti descritti si individuano altri ambienti: un piccolo vano quadrangolare, limitrofo al secondo tempio all'estremità nord-est, costruito nella fase medioevale con muretti di pietre legate con malta; é addossato ad un vasto edificio preesistente, delimitato da muri realizzati con tecnica più regolare e con rivestimento interno di intonaci policromi, incassato a notevole profondità (in parte ipogeo), da mettere in relazione con l'area sacra. Gli scavi hanno restituito parte delle terrecotte architettoniche di rivestimento della trabeazione lignea templare, che per tipologia trovano confronti in ambito laziale e confermano l'inquadramento cronologico tra III e I sec. a.C. Successivamente era attestata una fase in cui appariva in parte, riutilizzato materiale di crollo o di spoglio dei monumenti per sistemazioni dell'area ad uso prevalentemente sepolcrale. Si sono individuate varie tombe, delimitate da circoli di rozzi conglomerati, con rivestimento e coperture di lastre o blocchi di pietra, o più sporadicamente, di laterizi. Si distingue un grande sarcofafo con coperchio in pietra tufacea. Le deposizioni, inumate, erano prive del corredo, ma dai dati di scavo sembrano potersi riferire alla fase alto medioevale, essendo addossate o sovrapposte agli edifici preesistenti. All'interno della cattedrale, al livelo del podio del tempio, é collocato un secondo sarcofago in calcare (II-III sec. d.C. riutilizzato in età medioevale). La fronte presenta, tra due riquadri con motivo a scanno, una tabela con la dedica dei due figli (T. Pomponius Crispinus e Glycantus) al padre T. Pomponius Crisponus: D.M. S/T. POMPONIO CRI/PINO T.T. POMPONII/CRISPINUS ET GLY/CANTHUS PATRI/PIISSIMO RARIS/SIMOQUE.



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La parola tabernacolo (in latino Tabernaculum - diminutivo di Taberna dal significato di Dimora), nella tradizione ebraica e cristiana significa il luogo della dimora di Dio presso gli uomini. Comunemente, nelle lingue moderne, con tabernacolo si intende una struttura a forma di scatola presente in tutte le chiese cattoliche e di altre confessioni cristiane nella quale sono conservate le ostie consacrate dopo la Celebrazione Eucaristica. Il termine tabernacolo è utilizzato anche come sinonimo per le edicole sacre o edicole votive (definite nel nord est d'Italia anche coi nomi di capitelli o santelle) che proteggono un'immagine sacra oggetto di culto, sia all'interno delle chiese, sia lungo le strade, sulle facciate delle case, o nelle campagne. (Da Wikipedia)

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